Whisky on the fields!

La Scozia da Edinburgo a Glasgow, attraverso Highlands e la meravigia di Skye

18 maggio 2021 - Gerry Filippi - 18 Min

Poche destinazioni, tra le tante visitate sino ad ora, hanno saputo rapire il mio cuore come la Scozia. Ognuna senza dubbio è caratteristica, ognuna ha qualcosa che in un modo o nell’altro colpisce la nostra sensibilità e ci smuove dentro. Ma la terra degli Highlanders è stata una scoperta di qualcosa che già conoscevo, come riaprire dei cassetti della memoria e farmi rivivere pezzi del mio passato, della mia infanzia che non credevo neanche di avere più, ormai.

La mia è la generazione dei vecchi film Disney, non le favole dei cartoni animati, ma i racconti ambientati nella cara e vecchia Inghilterra o in Europa in genere, racconti di vita mista a leggenda o a fantasia. Racconti di povera gente, ma anche di fate, folletti e pentole d’oro.

 

La città di Edinburgo



La nostra vacanza inizia da Edinburgo, dopo un volo con scalo a Londra. Capitale culturale della nazione, la città ora  è ben collegata al centro,oltre  che con servizi di linea, anche da un efficiente tram che in 13 fermate  raggiunge  Princes Street. Il nostro è stato un arrivo serale e con pioggia,  quindi niente di più scontato considerando la  destinazione. La fermata del  tram è appena di fronte allo Scott monument, edificio in stile gotico vittoriano  dedicato  allo scrittore Walter Scott, ed alla Waverley station, la stazione  centrale dei treni, che funge da spartiacque tra il  centro storico sulla destra e  la città nuova sulla sinistra. Il nostro boutique hotel si trova lungo una delle  stradine di  accesso al Royal mile, l’arteria principale della città vecchia, che  collega il castello ad un’estremità con la Holyrood  Palace, la residenza  ufficiale  della regina in Scozia, all’estremità opposta. La stanchezza e l’ora  tarda ci fanno crollare  in un sonno profondo.


Di buona mattina, dopo una sana colazione fatta da toast con burro e  marmellata di cranberries, oltre che un’enorme tazza di latte macchiato,  iniziamo la nostra visita della città. La vicinanza al Royal Mile ci facilita perché  appena svoltato l’angolo ci dirigiamo subito verso il castello di Edinburgo. Già  dai primi passi ci accorgiamo della importanza storica della città. La via, per  gran parte pedonale, è piena di negozi che riportano l’anno di apertura e molti  di loro hanno parecchie primavere alle spalle. La tradizionalità dei prodotti ha spesso lasciato il passo a servizi più moderni, ma l’edificio è ancora lì. Molte delle facciate dei monumenti sono ricoperte da uno strato di fuliggine, ormai calcificata. Probabilmente retaggio dell’epoca industriale e dello sfruttamento delle miniere di carbone. La stessa cattedrale di St Giles, bellissima nelle sue guglie e nelle sue colorate vetrate, ne è un esempio. La fortuna ha voluto che al nostro passaggio e visita due signori, in livrea e kilt da cerimonia, intonassero il Scotland the brave, l’inno non ufficiale della Scozia, ma credo uno dei pezzi più conosciuti al mondo e che al suo ascolto fa immediatamente pensare a lande desolate, verde e cornamuse, come recita lo stesso testo. Una prima emozione che ancora, rivedendo il video, mi fa venire la pelle d’oca.

Proseguendo in direzione Castle Hill, la via si fa sempre più stretta ed il flusso di turisti si incanala verso un’unica direzione: l’ingresso del Castello, preceduto dalla Esplanade, lo spazio antistante. Tutto ai lati è un susseguirsi di locali, ristorantini ricavati da cantine o edifici storici, negozi di souvenir, alcuni dei quali con prodotti tipici come il Tartan, tipico manto scozzese, o come il whisky.

Varie anche le esperienze proposte dalle agenzie locali, come il Camera Obscura and World of Illusions, oppure i tour a piedi con un cicerone vestito da antico soldato che ripercorre la storia della nazione cantando e recitando tra i vicoli più rappresentativi.

Il castello della città è uno dei top scorer da non mancare, se non altro perché perfettamente conservato e perché posto su una rocca che permette di avere una visuale della città. Dall’alto dei suoi oltre 1000 anni è il museo più visitato di Edinburgo.



Alle ore 13 ogni giorno, il One o’clock gun spara un colpo a salve per permettere agli abitanti di regolare l’orologio, mentre l’Esplanade ospita ogni anno la suggestiva Military tattoo, la rievocazione della storia della Scozia attraverso una parata militare in cui reggimenti armati ed in abiti tradizionali si sfidano a suon di cornamuse e tamburi.

Ripercorrendo a ritroso e fino all’estremità opposta il Royal mile incontriamo dapprima il moderno edificio dello Scottish Parliament, bianco e splendente, ed il già citato Holyrood Palace. Ma ciò che attrae di più la nostra attenzione è l’Arthur’s Seat, una collina di circa 250m posta nel centro dell’Holyrood Park e che si staglia sulla città, quasi una sentinella che comunica con l’altro guardiano (il castello) e vigila sulla popolazione. Il panorama da lassù è insolito per essere in centro città, ma senza dubbio d’effetto.



Anche il percorso per salire e scendere non è difficile, tranne che per le complicazioni dovute a repentini cambi di meteo. La pioggia, qui, è sempre in agguato.

Dopo una breve sosta in hotel, riprendiamo l’esplorazione della città. Ed è ora che i ricordi assopiti iniziano a riaffiorare. Girovagando nei dintorni di Grass market square ci imbattiamo nel famoso The Elephant House, la caffetteria resa celeberrima perché qui la scrittrice J.K. Rowling iniziò la saga di Harry Potter, dando vita al suo primo capitolo, seduta sul solito tavolino con vista castello. Probabilmente fu proprio l’ambientazione della città, lo stile vittoriano ed il castello ad ispirarla, non certo il locale, visto che il tema era ed è gli elefanti. Appena dietro la caffetteria, in realtà difficile da individuare, un’altra sorpresa. Il cimitero di Greyfriars. La storia di questo luogo è principalmente legata al film Disney, Bobby il cucciolo di Edinburgo, del 1961, tratto da una storia vera in cui Bobby, cucciolo di Skye Terrier che vive in una fattoria con i suoi padroni, si affeziona ad un pastore mercenario fino a seguirlo in città. Lì, dopo la misera morte del Vecchio Jock, il cane rimane solo ed ogni sera va a riposare sulla sua sepoltura, all’interno del cimitero di Greyfriars. Dopo varie peripezie su chi dovesse corrispondere la tassa di possesso del cane, e con il rischio di una sua soppressione, la povera gente di Edinburgo, tra cui molti bambini e commercianti del quartiere, riescono a raccogliere la cifra per ottemperare al debito facendo ottenere al cane lo status di libero cittadino della città, da cui fu quindi adottato. All’ingresso est, accanto all’insegna con la scritta “Grey friars” è collocata la piccola statua bronzea del cane. Devo dire l’emozione inaspettata era tanta. All’interno tutto sembrava essersi fermato come ai tempi del film. Pur essendo all’interno di un camposanto, l’atmosfera era si quasi spettrale, con le luci fioche della cappella e delle finestre delle abitazioni tutte intorno, ma ho avuto la sensazione come se prima o poi Bobby sarebbe sbucato da dietro ad un portone o ad una lapide. Tra l’altro, nel pub accanto, il Greyfriars Bobby’Bar, servono uno degli hamburger al piatto più buoni che abbia mai mangiato.


                          



GUIDARE CONTROMANO SULLE STRADE SCOZZESI

Una delle esperienze più strane, senza dubbio, è quella della guida a sinistra sulle strade scozzesi. Dopo il ritiro dell’auto fatto in aeroporto, il primo ostacolo era imbroccare il giusto senso di marcia al roundabout, cioè la rotatoria. Dopo un primo tentennamento, via liscio come l’olio. Peccato che le rotatorie vengano usate come in Italia usiamo gli intercalari!

Iniziamo l’on the road dirigendoci verso la cittadina medievale di Stirling, sede di uno dei più bei castelli della Scozia. Purtroppo non abbiamo calcolato la possibilità di code all’ingresso, per cui dopo un rapido giro in città, abbiamo proseguito nella campagna scozzese alla ricerca del Wallace Monument, tra l’altro visibile dal piazzale parcheggio del castello di Stirling, così solitario, al di là della due anse del fiume Forth, nel verde delle colline.

Eretta in onore dell’eroe nazionale Sir William Wallace, la sua costruzione non è molto antica, della metà dell’ottocento infatti. Chicca da conoscere, però, è che alla raccolta fondi per la sua realizzazione contribuì anche un nostro eroe nazionale, Giuseppe Garibaldi. Oggi la torre, costruita in gotico baronale scozzese e che ricorda molto le torri descritte da Tolkien nel “ Signore degli Anelli”, per gli appassionati, è anche un museo visitabile con cimeli di guerra ed una sala con busti di personaggi scozzesi.

Proseguiamo in direzione Aberdeen, decidendo per la via interna, anziché quella via mare, che sarebbe stata più panoramica, specie nel punto in cui, per raggiungere Dundee, occorre attraversare il Tay road bridge. Ma sarebbe stata più lunga e ci avrebbe tolto la possibilità di visitare il Castello di Glamis. La sua particolarità, nei confronti delle centinaia di castelli disseminati sul territorio della nazione, è che questo viene considerato come quello più infestato da fantasmi di tutto il mondo.

Le storie che si sono avvicendate, dall’inizio con la sua costruzione, per poi attraversare tutto il medioevo, fanno di questo maniero un luogo suggestivo e intriso di mistero. Molte le leggende su stanze segrete, morti misteriose, complotti e patti oscuri. Molta anche la letteratura che ha tratto la sua ispirazione dalle vicende accadute nelle sue sale. A dir vero, nella visita guidata per conoscere le sale pubbliche della residenza, ancora oggi abitata dai conti Strathmore, al di là dell’alone di mistero e curiosità che è stato creato attorno alle storie raccontate, una strana sensazione mi ha comunque colpito, specie nei luoghi in cui gli avvistamenti sono stati registrati più frequentemente. Solo suggestione? (per un approfondimento TRA CASTELLI E FANTASMI )

Dopo Glamis, ci spostiamo dalla contea di Angus, per entrare nel Aberdeenshire, in direzione Stonehaven, un piccolo villaggio sul mare della costa est. Principale attrazione, l’iconico castello sul mare di Dunnottar. Dal parcheggio qualche centinaio di metri prima, percorrendo il sentiero che porta verso il mare, Dunnottar è senza dubbio una della più suggestive fortezze della Scozia, proprio per la sua posizione geografica. Già abitato in epoca pre-celtica dai Pitti, quindi circa 5000 anni a.C., il sito, di cui ormai rimangono solo i ruderi, offre degli scorci panoramici incredibilmente fotografici.

Arroccato su questo sperone roccioso, Dunnottar esplode in tutta la sua bellezza specie nelle giornate un po' nuvolose, dove i chiaroscuri della luce, oltre a poter dar vita ad improvvisi arcobaleni, esaltano o nascondono lati della costruzione, come in un vedo non vedo, come se un velo di seta decidesse ora cosa rivelare o cosa celare al mondo.




Arriviamo ad Aberdeen, una piccola cittadina portuale, dal grande fermento culturale (è sede infatti di due università, di cui una fondata nel 1495). Detta la città di granito o la città d’argento per via degli edifici costruiti con il granito estratto dalle cave locali, e che grazie alle inclusioni di mica brillano al sole, Aberdeen si raccoglie tutta lungo Union Street. Una caratteristica interessante è che molti vecchi luoghi di culto, come chiese e cappelle, sono stati riconvertiti in classici English Pub o raffinati bar. Orgoglio della città, con mia grande soddisfazione, la sede della Brewdog, il birrificio più punk e anarchico del Regno Unito, che produce birre artigianali di altissima qualità.

Da Aberdeen ci inoltriamo nel cuore delle Mitologiche Higlands, le alte terre scozzesi, sede ufficiale delle più note e blasonate distillerie del mondo. Territorio ideale e fecondo grazie all’abbondanza della torba. Attraversiamo la meno nota Deeside, cioè la valle del fiume Dee, meno nota rispetto alla Speyside dove abbondano i marchi più prestigiosi, ma ci imbattiamo in quella che scopriamo poi essere la distilleria reale, dove producono il Royal Lochnagar, whishy che prende il nome dal monte che si trova proprio di fronte al famosissimo Balmoral castle, la residenza estiva, e anche la preferita, dalla regina Elisabetta.  (ingresso con guida nella distilleria e assaggi finale a partire da 13 £).

Paesaggio idilliaco con il fiume, le cui acque pure sono usate nella distilleria, boschi fittissimi e dolci colline. Esperienza imprevista e appagante, specie con il tasting tour finale, dove tra un cicchetto e l’altro, tra sentori di mele selvatiche e fragoline di bosco o torba stagionata, non ne siamo usciti provetti sommeliers, ma un po' più allegri senza dubbio.

Risalendo quindi verso nord, attraversando la Speyside, giungiamo nel tardo pomeriggio ad Inverness, la più importante città del nord, collocata alla foce del fiume Ness, e che si sviluppa per la sua gran parte, pochissimi sanno, su un’isola. La città è un punto d’appoggio per affrontare l’aspro e poco popolato nord ovest del paese, o come baluardo finale prima di iniziare la discesa verso le isole dell’ovest e rientrare verso Glasgow.

Scegliamo la seconda via, con l’intenzione di fare tappa ad uno dei luoghi più mitologici della Scozia, il Lochness. Proprio quel giorno doveva svolgersi la maratona di Inverness, per cui decidiamo di non percorrere la A82, che corre lungo il lato ovest del lago, ma la strada che lo percorre dal versante opposto. Peccato che la maratona abbia circumnavigato l’intero lago sostanzialmente, lungo 36 km circa, quindi anche non volendo abbiamo dovuto assistere ed incitare anche noi i partecipanti.


L’aurea di mistero, che storicamente corre lungo tutte le sue sponde, fa del lago di Lochness una leggenda oltre le storie sul mitologico mostro. Ad iniziare dalle rovine del castello di Urquhart, che protendono fiere nelle acque del lago, e che offrono ai visitatori degli scorci pittoreschi di rara bellezza. Il centro visitatori, che costituisce la via di accesso alle rovine, è un moderno punto vendita di souvenir legati al lago, a Nessie, ed alle battaglie consumate lungo le sponde. Comprende anche un piccolo museo. Tutta la A82 che costeggia il lago è un susseguirsi di piccole insenature, punti panoramici, luogo ideale per soste fotografiche.

Prima di Fort Augustus, imbocchiamo la A87 che ci condurrà fino all’isola di Skye, tappa finale del giorno. Lungo la strada uno dei luoghi più emblematici della Scozia, cioè il castello di Eilean Donan, quello in cui fu ambientato il primo episodio del leggendario Higlander, con Christopher Lambert. Ai lati dell’ingresso del ponte a tre navate sul mare, un’immagine fortissima di un giovane vestito in abiti tradizionali che intona una bellissima melodia imbracciando la sua cornamusa. Sembrava veramente di rivivere le atmosfere del film. Cosa volere di più?


Attraversando il nuovissimo Skye Bridge giungiamo finalmente su quella che, a ragion veduta, è l’isola più bella della Scozia, quella che da sola varrebbe un intero viaggio.

 

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SKYE, PORTREE E LE SUE MERAVIGLIE

Sempre seguendo la A87, e lasciandoci sulla destra il mare interno, l’Inner sound, con decine di altre isole come Scalpay, Raasay e Rona, che possono essere tranquillamente visitate con escursioni giornaliere in barca, Skye ci si presenta come un alternarsi infinito di baie, costoni rocciosi, piccole insenature dal lato mare, mentre una serie di piccole cascate, paesaggio brullo e quasi senza vita, il lato interno, povero anche di boschi non ben distribuiti nè tanto meno fitti. Portree è lì ad aspettarci.


Questo piccolo villaggio di pescatori, principale centro abitato dell’isola, è una piccola perla di rara bellezza. Paesino che si sviluppa sulle pendici di una collina digradante verso il mare, con il suo porticciolo lungo il quale si affacciano decine di abitazioni con i prospetti dai colori pastello, cosi tenui da non voler quasi discostarsi dai colori della natura, che qui non sono cosi prorompenti come nel resto della nazione. Lasciamo le valigie in hotel, in realtà un ostello ricavato dal vecchio ufficio postale, ma ben attrezzato con camere doppie o singole all’occasione, e ci dirigiamo verso nord, alla ricerca di un posto incantevole, perché suggeritomi da una cara amica che ci era stata l’anno prima. In realtà sono più le cose che andremo a scoprire: la prima è il The Old Man Of Storr, un monolite di 55m che fa parte del The Storr, una montagna che si staglia nella penisola del Trotternish per 719 m. La seconda sono le Mealt Falls, una piccola cascata a picco sulla falesia, formatasi dal lago Mealt raccolto al di là della strada. Oltre alla bellezza della cascata in sé, caratteristica del posto sono le recinsioni metalliche con dei fori ad hoc per creare melodie con lo spirare del vento, che da queste parti è una costante. Infine, lasciandoci alle spalle la cascata, raggiungiamo il Quiraing, la catena montuosa del nord, dai cui punti panoramici non può che godersi una visuale a perdita d’occhio di tutto l’altopiano e delle isole frontaliere. Un po' complicato raggiungere la sommità della collina, il terreno infatti è intriso d’acqua sia per i ruscelli che per le costanti piogge che bagnano queste verdi terre, ma l’occhio è altamente appagato una volta in vetta.

Rientriamo alla base per goderci un po' della vita del paese. Nonostante sia poco più di una marina, Portree è ben organizzata, oltre al porto ricco di pescherecci e di imbarcazioni dedicate al turismo (infatti il giorno dopo approfittando del bel tempo abbiamo fatto un’escursione in barca lungo l’isola di Raasay per avvistare leoni marini, aquile di mare e delfini. Esperienza indimenticabile). In paese si trova una filiale della National Bank, un ufficio del turismo, uno postale, un centro commerciale, svariati B&B e ben tre pub. Tutti, ovviamente, brulicanti di vita. Per nessun motivo ho avuto la sensazione di isolamento in questi posti, anzi la convivialità e l’allegria della gente incontrata mi ha spiazzato, ma è stato divertentissimo lasciarsi coinvolgere in uno scontro di bicchieri tra un pasto e l’altro. Credo di non avere mai assaggiato dei frutti di mare così buoni, serviti con l’immancabile pinta di birra. E di pinte ne abbiamo viste tante in Scozia.

La mattina, dopo il giro in barca, avremmo voluto far visita al castello di Dunvengan, sede dello storico clan MC Leod (per saperne di più sulle leggende di questo castello e della sua famiglia puoi leggere questo post castelliefantsmi), ma il tempo è tiranno ed abbiamo deciso di rimandare ad un altro viaggio, per poterci dirigere verso Oban. Abbiamo scelto la via più lunga, cioè ripercorrendo la A87 a ritroso, per poi riprendere la A82 fino a Fort William e proseguire lungo la via costiera tra laghi interni, strade tortuose e decine di ponti. La via più breve sarebbe stata quella di prendere il passaggio marittimo da Armadale fino a Mallaig, per poi percorrere la linea delle spiagge fino al punto in cui la strada per Oban si sarebbe ricongiunta con la prima via. Sicuramente molto suggestiva, ma avremmo impiegato il doppio del tempo.


Oban è una chicca di cittadina affacciata sul mare, base di partenza per la visita della grande isola di Mull o per le Ebridi interne. Ciò che più ci ha affascinato, al di là della distilleria dell’omonimo Whisky, la straordinaria luce del tramonto che ha reso tutto il panorama in una declinazione di colori dal rosa al viola al blu intenso con pennellate di arancio e rosso. Fortissime emozioni e stupore di fronte a tanta natura.


Scendendo lungo la costa sud di Oban, decidiamo di tagliare per l’interno, verso il panoramico Loch Lomond and The Trossachs National Park, collocati lungo la direttiva che ci porta nel tardo pomeriggio a Glasgow, la città più importante della Scozia.


Antica come le altre, ma dall’aspetto senza dubbio più moderno, Glasgow vive un fermento culturale molto più che Edinburgo. Numerosi i musei, le gallerie private ed i poli culturali che animano la città. Il suo cuore vitale si concentra tra Argyle street e le sue due perpendicolari, Queen street e Buchanan Street, mentre la parte più moderna si sviluppa nella zona ovest quando il fiume si dirige verso il mare: il moderno Riverside Musem, il Glasgow Science Centre ed il SEC, centro congressi, trovano i loro spazi lì. La sera è il regno incontrastato dei club e dei più noti dj’s della nazione. La scena musicale metropolitana è, infatti, una delle più rinomate del regno e molto apprezzata anche all’estero. Per il resto Glasgow è una città che sembra scorrere tranquilla, come il fiume Clyde che la attraversa.

Per l’ultimo giorno in Scozia, ci siamo riservati una sorpresa, o meglio, un mistero. Nel rientrare a Edinburgo per il volo di ritorno, a circa 10 km dal centro città, abbiamo fatto sosta presso il villaggio di Roslin, per fare visita alla cappella di Rosslyn. Salita agli onori della ribalta grazia al film “Il Codice da Vinci” e prima ancora al romanzo di Dan Brown, la cappella, con i suoi quasi 600 anni di storia, è una costruzione piena di misteri e leggende. Oltre al lato architettonico, ricca come è di bellissime decorazioni lungo le colonne della navata centrale, presenta anche delle decorazioni sul soffitto, che secondo alcuni sarebbero un oscuro codice che nessuno sarebbe stato in grado di decifrare. Altra leggenda sarebbe quella secondo cui la cappella sarebbe la copia fedele del mitico tempio di Re Salomone. Anche se a ben vedere le piante si qui tramandate coincidono, sembrerebbe essere un’ipotesi non plausibile. Ultima, ma la più suggestiva, vedrebbe nascosto in una colonna dell’edificio niente meno che il mitico sacro graal. Pare che da un esame con metal detector sia stata rinvenuta la presenza di metallo nella “colonna dell’apprendista”, ma l’autorizzazione ad approfondire lo studio non fu mai data.

Dopo questa scorpacciata di curiosità storiche, rientriamo in città, ad Edinburgo, per la nostra ultima notte.

Probabilmente non me lo aspettavo, ma quella vena di tristezza che ci accompagna al ritorno da ogni viaggio, lasciando la Scozia, invece, stranamente, non c’è stata. Sarà stato il fatto che la soddisfazione per la destinazione è stata massima, sarà che il mix di natura, storia e cultura continuavano ad intrecciarsi dietro ogni angolo, ogni strada, ogni collina o ogni baia dell’intero territorio. Sarà ancora che l’alone di mistero che genera curiosità ha fatto tenere sempre alta l’attenzione, come se ci aspettasse un colpo di scena all’improvviso, come nei migliori film di Hitchcock, quando già la sola musica ti fa capire il seguito. Sarà per tutto questo, ma la Scozia è molto di più. E per questo l’ho amata tanto.

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